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Università e lavoro sembrano in Italia due mondi paralleli, destinati a non incontrarsi mai. Quanti di voi durante l’università non vedevano l’ora di mettere in pratica quanto appreso durante il corso di studi? Poco importa la facoltà scelta, purtroppo durante gli studi in molti atenei italiani, anche molto prestigiosi, non esistono tirocini obbligatori. Studiare economia ad esempio senza aver mai messo piede in un’azienda sembra ironico ma purtroppo rappresenta una realtà. Di conseguenza un neolaureato interessato ad avere un’esperienza in ambito amministrativo con diploma non inerente a quest’ambito verrà sicuramente messo in coda a diplomati non laureati ma che hanno avuto il buon intuito di diplomarsi in ragioneria. Questo è solo un esempio ma ben raffigura il mondo lavorativo reale (non certo quello ben descritto nei manuali che invitano i diplomandi all’iscrizione universitaria).

Un altro problema è quello dato dalla frequenza universitaria contemporanea ad un lavoro. All’estero rappresenta spesso la norma, mentre in Italia gli studenti lavoratori sono pochi, e di sicuro si trovano a conseguire la laurea fuori corso. Perché? Sia le aziende sia le università sembrano guardare con disapprovazione a questo doppio impegno, facendo di tutto per non agevolare lo studente lavoratore.

Quando però le aziende pubblicano gli annunci per la selezione del personale chiedono ai neolaureati di elencare eventuali esperienze lavorative effettuate durante gli studi… sembra una presa in giro ma non lo è!

Descrivono figure immaginarie, che dopo anni di studio non riescono ad avere la minima chance di essere assunti. Sembra che un diploma tecnico sia molto più ambito. In questo caso però i futuri laureati dovrebbero essere a conoscenza di questa realtà.

D’altro canto anche le aziende hanno bisogno di personale con una seppur minima idea del funzionamento aziendale, cosa possibile solo se allo studente è stata concessa l’opportunità di entrare in azienda. I tirocini dovrebbero essere obbligatori e spetterebbe all’università favorire l’incontro.

Nel frattempo dovremo rassegnarci ad inanellare un’ora di studio sull’altra senza avere idea del perché quanto studiato sia così importante per il nostro futuro e la nostra società.

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